Quando l’arte cura: il progetto A-HEAD contro lo stigma sulla salute mentale

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L’arte contemporanea come ponte tra psichiatria e società: è questa la missione di A-HEAD, progetto innovativo che unisce creatività, inclusione e cura. A parlarne sono Stefania Calapai, psicologa e referente clinica del progetto, e Raffaella De Chirico, gallerista impegnata da anni nel sostegno all’arte sociale.

Arte contemporanea in residenza nelle strutture psichiatriche

Al centro di questa edizione di A-HEAD c’è la residenza artistica dell’artista Claudia Virginio Itari in un centro diurno psichiatrico. La sua ricerca visiva si sviluppa da anni intorno al comportamento umano, coinvolgendo migranti, detenuti e persone affette da disturbi psichici. Le sue opere, tra installazioni, ritratti e interviste, trasformano la fragilità in forza creativa, innescando empatia e riflessione.

La residenza culminerà in una mostra d’arte contemporanea accompagnata da workshop e convegni su temi come i disturbi borderline, la marginalità e la funzione sociale dell’arte.

Una galleria che investe nell’arte sociale

La galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea è da sempre attiva nella promozione di progetti che trattano tematiche complesse come salute mentale, carcere e inclusione. Non solo esposizioni, ma veri e propri progetti culturali partecipati, che formano un pubblico consapevole e sostengono artisti impegnati nel racconto delle fragilità umane.

Arte e salute mentale: un linguaggio universale per abbattere i tabù

“La forza dell’arte è quella di arrivare dove le parole non bastano”, spiega la dottoressa Stefania Calapai. In un’epoca in cui i disturbi mentali sono in aumento, soprattutto tra i giovani, l’arte contemporanea diventa uno strumento potente di comunicazione, cura e inclusione. Non solo per i pazienti, che attraverso le attività artistiche trovano spazi di espressione e reinserimento sociale, ma anche per il pubblico, che viene coinvolto in un dialogo emotivo e culturale.

Durante le mostre, infatti, i pazienti contribuiscono all’allestimento e all’accoglienza, ricevendo un compenso per il proprio lavoro: un primo passo concreto verso la dignità e l’autonomia professionale.

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