Stefano Accorsi: perfezione, studio e l’arte dell’imperfezione

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stefano accorsi

La Mostra del Cinema di Venezia non è soltanto un concorso internazionale, ma anche un crocevia di incontri, conversazioni e pensieri che travalicano lo schermo. Tra questi, i De’Longhi Talks: momenti in cui registi, attori e protagonisti del mondo dell’arte e della cultura si raccontano al pubblico in uno spazio più intimo e informale, con il caffè come compagno di riflessione e condivisione.

Nell’edizione 2025, la voce di Stefano Accorsi ha trovato qui la sua cornice ideale. L’attore bolognese ha dialogato con la naturalezza di chi non teme di rivelare fragilità e ossessioni, costruendo un ritratto sincero della sua idea di mestiere.

Perfezionismo come identità

“Essere italiani significa portare con sé una bandiera fatta di bellezza e di perfezionismo. Io stesso mi considero un perfezionista, anche un po’ ossessivo. È un tratto che ci caratterizza e che, nel bene e nel male, fa parte della nostra identità.”

Accorsi ha spiegato come questo slancio verso la perfezione sia al tempo stesso un limite e una ricchezza, un motore che spinge a non accontentarsi mai. La sua riflessione richiama un tratto tipico della cultura italiana: la tensione verso l’eccellenza, che dal Rinascimento alle arti contemporanee ha prodotto capolavori, ma che talvolta rischia di trasformarsi in gabbia.

L’arte dell’imperfezione

La sua soluzione? Cercare l’imperfezione. “Il segreto è prepararsi con disciplina e poi, sul set, saper dimenticare tutto: è lì che nasce l’imperfezione, ed è quell’imperfezione a toccare davvero lo spettatore.”

Accorsi cita Stanislavskij, per il quale lo studio del testo e dei dettagli è fondamentale, ma deve aprire la strada a qualcosa di più grande: la vita che irrompe nella recitazione. Da qui il ricordo dell’Orlando Furioso preparato in soli ventitré giorni, tra notti insonni e versi imparati fino a sognarli, o l’aneddoto di un’improvvisazione a Imola, quando il silenzio inatteso tra compagni di scena trasformò una prova in pura emozione collettiva.

“In quell’errore ho sentito il vero”, confessa, quasi a ribadire che la verità del cinema non è mai nella perfezione, ma in ciò che sfugge al controllo.

Maestri e modelli

Non poteva mancare un omaggio a Sergio Leone, cineasta che più di altri ha incarnato l’urgenza del racconto: “Il suo cinema nasceva dalla necessità, non dal capriccio. È questo che lo rende così potente, reale, indimenticabile.”

Parole che restituiscono un’idea di cinema come atto vitale, non come esercizio estetico: un gesto che nasce dall’urgenza di dire, di condividere, di toccare la vita.

Il rito del caffè

E poi, in un salto apparentemente leggero ma in realtà profondamente simbolico, Accorsi parla del suo rapporto con il caffè. “Ne bevo tantissimo. Non è solo energia fisica: mentalmente ti mette nella condizione giusta. E condividere un caffè rompe il ghiaccio, rende umano anche l’incontro più formale.”

Il caffè diventa così metafora della recitazione stessa: un rituale che unisce, un gesto che crea complicità, un momento che apre la porta all’imprevisto.

La Terrazza De’Longhi: un luogo di incontri

Queste parole si inseriscono perfettamente nello spirito che anima la presenza di De’Longhi al festival. Durante la Biennale Cinema 2025, infatti, il brand è protagonista con una speciale attivazione allo storico Hotel Excelsior, partner de La Terrazza by Atlas Concorde, curata da Joydis.

Uno spazio esclusivo, pensato come punto d’incontro per artisti, professionisti e ospiti del festival: un luogo dove il caffè è molto più di una bevanda, è simbolo di un lifestyle raffinato, conviviale e profondamente italiano. Qui il dialogo diventa scambio, la riflessione prende la forma di un gesto quotidiano, e la cultura del cinema si intreccia con l’arte del vivere.

I De’Longhi Talks non sono solo incontri collaterali, ma momenti che raccontano un altro volto della Mostra: quello in cui gli artisti si rivelano persone, condividono dubbi e passioni, e ci ricordano che la vera forza del cinema sta nella sua capacità di unire.

Attraverso le parole di Stefano Accorsi, Venezia 82 ci restituisce l’immagine di un attore che continua a interrogarsi sul proprio mestiere, oscillando tra perfezione e imperfezione, disciplina e libertà. Perché, come nella vita, anche sullo schermo è l’imprevedibile a renderci autenticamente umani.

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