“Emergere dalla terra”: Marcello Tedesco e un libro nato dal silenzio, tra opere ritrovate e ricerca di equilibrio

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Emergere dalla terra

Ci sono libri che nascono da un’idea precisa, e libri che nascono da un tempo lento, quasi inevitabile. Emergere dalla terra di Marcello Tedesco appartiene a questa seconda famiglia: un progetto sedimentato per anni, maturato lontano dai riflettori, e poi riaffiorato quando l’autore ha sentito il bisogno di fermarsi, fare ordine, ascoltare.

La scintilla: opere ritrovate e una sensazione straniante

L’origine del libro è legata a un gesto semplice e potentissimo: il ritrovamento di alcune opere conservate in cantina. Guardarle, dopo molto tempo, ha generato un effetto quasi straniante: come se appartenessero a un altro, come se fossero state create da una persona distante. Da quella distanza, però, non nasce rifiuto: nasce curiosità. E soprattutto nasce un dialogo.

È lì che il passato smette di essere “archivio” e diventa materia viva: un luogo in cui tornare non per nostalgia, ma per capire cosa è rimasto, cosa si è trasformato, cosa vuole ancora parlare.

Non un catalogo, ma un percorso: la scelta di rompere la cronologia

Una delle scelte più interessanti di Emergere dalla terra è la decisione di non costruire un ordine cronologico. Non è un catalogo tradizionale, né un racconto lineare. Le opere e i pensieri si dispongono come in una struttura “a costellazione”, dove anni differenti possono convivere e risuonare.

È una scelta che dice molto: la vita non procede sempre in fila indiana. A volte siamo contemporanei di più versioni di noi stessi, e il senso non nasce dalla sequenza, ma dall’accostamento.

La “terra di mezzo”: il cuore tematico del libro

Il titolo non è casuale. L’idea dell’“emergere” non ha a che fare solo con il recupero di un lavoro passato, ma con un movimento interiore: un venire alla luce dopo un periodo di oscurità, di stasi, di sottrazione.

Nel libro torna spesso il tema della terra di mezzo: uno spazio tra opposti che la realtà tende a rendere inconciliabili. Interno ed esterno, finito e infinito, luce e buio. Invece di scegliere un polo, l’autore sembra cercare un punto di equilibrio, un luogo in cui le tensioni non si annullano ma si tengono in piedi.

In questa prospettiva, l’arte non è solo espressione: è allenamento. È una disciplina dell’equilibrio.

Un libro pensato per “le persone comuni”

Un altro elemento che colpisce è l’idea di destinatario. Qui l’arte non è trattata come un territorio riservato ai soli esperti. Il riferimento non è l’élite, ma le persone comuni: chi vive, lavora, si fa domande, si sente fragile, cerca un senso.

Non c’è la postura della “guida” che spiega dall’alto. C’è piuttosto una voce che si mette allo stesso livello di chi legge: non per semplificare, ma per condividere un’esperienza.

Cosa resta dopo la lettura: una testimonianza di autonomia

Più che consegnare una tesi, Emergere dalla terra lascia una traccia: la possibilità di restare fedeli a un percorso personale anche quando costa fatica, anche quando sembra controcorrente. È un libro che parla di scelte e di prezzo, ma anche di ricompense meno appariscenti e più vere: libertà, relazioni autentiche, un calore umano che spesso manca nei circuiti veloci.

Un’“overture” verso altro: presentazioni, incontri, una mostra possibile

Il libro appare anche come un primo movimento, un’apertura: l’idea è che possa diventare la base per presentazioni, dialoghi e perfino per una mostra capace di riunire un nucleo significativo di opere, alcune nate decenni fa e oggi rilette con uno sguardo nuovo.

In fondo, Emergere dalla terra non chiede di essere “capito” come un codice. Chiede di essere attraversato: come si attraversa un passaggio, una soglia, una trasformazione.

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