Marco Belocchi: “Il teatro è il luogo dove la realtà si guarda in faccia, ogni sera in modo diverso”

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Marco Belocchi, regista, attore e autore, è tra le voci più intense e coerenti del panorama teatrale contemporaneo. Ospite del podcast Cinema Stories, condotto da Sofia Riccaboni, ha raccontato il suo approccio alla regia e alla drammaturgia, il rapporto con lo spazio scenico e la centralità della parola come strumento di resistenza e riflessione.


Un teatro che nasce dall’incontro tra testi, corpi e immaginazione

Nel lavoro di Belocchi, la scena non è mai solo rappresentazione, ma uno spazio che si costruisce attorno alla relazione tra attore e spettatore. La parola, spesso poetica e stratificata, si fonde con suono, movimento e immagine per creare un’esperienza teatrale immersiva, che non cerca la spettacolarità, ma l’urgenza di dire qualcosa sul presente.

Tra i suoi progetti più significativi, l’incontro con i testi di Stefano Maria Ortolani, con cui ha sviluppato spettacoli ibridi tra monologo e installazione, tra ironia grottesca e tragedia mitica.


Drammaturgia contemporanea e riferimenti eterni

I testi messi in scena da Belocchi si distinguono per la loro densità culturale e stilistica. Il teatro diventa così luogo di stratificazione, dove la mitologia greca si mescola a riferimenti cinematografici, musica contemporanea, citazioni letterarie e cronaca. Il risultato è un linguaggio fortemente personale, che si muove tra lirismo e satira, sempre con una forte impronta politica e umana.

In particolare, l’interesse per i temi legati alla guerra, alla comunicazione e alla costruzione del potere emerge con forza nei suoi spettacoli, in cui il passato – come la guerra di Troia – diventa pretesto per interrogare l’attualità e i suoi meccanismi narrativi.


Un uso dello spazio scenico come dispositivo drammaturgico

Fondamentale nel lavoro di Belocchi è anche il rapporto con lo spazio teatrale. Alcuni dei suoi spettacoli sono nati all’interno del Teatro di Documenti di Roma, struttura ideata da Luciano Damiani e pensata per accogliere forme sceniche non convenzionali. Qui il pubblico può trovarsi su due livelli, immerso nell’azione, parte integrante della visione. Questo approccio scenografico si riflette anche nella regia, che tende a scardinare la frontalità classica per cercare nuovi punti di vista e coinvolgere lo spettatore a livello percettivo.


Il teatro come forma viva, ogni sera diversa

Per Belocchi, il teatro resta uno degli ultimi spazi dove è ancora possibile pensare pubblicamente, in presenza, senza filtri. “Il teatro è vita condivisa, accade nel momento. Ogni replica è diversa, ogni spettatore assiste a qualcosa di irripetibile”, afferma. Il mestiere di regista, in questa visione, diventa quello di custodire una visione ma anche di lasciare spazio all’imprevisto, alla trasformazione continua che solo il palco può offrire.

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